Giorgio Strelher



… io so e non so perché lo faccio il teatro ma so che devo farlo, che devo e voglio farlo facendo entrare nel teatro tutto me stesso, uomo politico e no, civile e no, ideologo, poeta, musicista, attore, pagliaccio, amante, critico, me insomma, con quello che sono e penso di essere e quello che penso e credo sia vita. Poco so, ma quel poco lo dico…



Da una intervista alla rivista Specchio (allegato della Stampa del 3 maggio 1997). I dieci spettacoli che ho amato di più...
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Arlecchino servitore di due padroni (di Carlo Goldoni)
Non è lo spettacolo che ho amato di più: lo è diventato nel tempo. Mi ha seguito dal 1947. Poi io ho seguito lui nel mondo. Nuova edizione dopo nuova edizione, sempre uguali e diversi fino all'edizione "dell'Addio" e a quella "del Buongiorno" con gli allievi della mia scuola. Indimenticabile.

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Vita di Galileo (di Bertolt Brecht)
Il profilo concreto di un teatro della ragione, dell'umano, della dialettica e della poesia. Per me un cammino di conoscenza fondamentale.
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I giganti della montagna (di Luigi Pirandello)
Non uno spettacolo di Pirandello. Uno psicodramma che mi perseguita dal 1947. Il dramma dell'arte, dunque del teatro, che deve farsi e facendosi decade. La tragedia del teatro "fatto", in cui il pubblico uccide i suoi protagonisti sempre, in ogni luogo e in ogni tempo.
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Il gioco dei potenti (di William Shakespeare)
Tre parti dell'Enrico VI di Shakespeare. Uno spettacolo incompleto, debordante. Quanto pochi se ne sono accorti ma quanto ho imparato e dato di me! A Salisburgo, in lingua tedesca, l'opera s'è completata. Ho trovato un poco di pace.
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Il giardino dei ciliegi (di Anton Cechov)
Il secolo che muore non ci ha dato nulla di più definito e alto. Averne rappresentato anche un brandello di umanità e verità mi appare ancora come una gioia indicibile.
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Re Lear (di William Shakespeare)
Uno sprofondarsi nell'abisso dell'umano. Non ho conosciuto nulla di così complesso, così disperato e trionfale. E la grandezza dell'arte dell'attore in TinoCarraro
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La trilogia della villeggiatura (di Carlo Goldoni)
La conquista critica e poetica di Goldoni. Qualcuno scrisse: ma allora Goldoni è anche questo? Il mio spettacolo d'amore più totale. Gioia e lacrime.
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La tempesta (di William Shakespeare)
Considero La Tempesta la più grande opera teatrale mai scritta. La più trionfale disfatta di interprete di fronte alla teatralità compiuta. La tempesta non è un testo che semplicemente si può rappresentare: si deve farlo.
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El Nôst Milan (di Carlo Bertolazzi)
La prima ricerca sul teatro nazional-popolare. Uno spettacolo che riportava sulla scena il dialetto. Un tentativo di ridare voce alla cultura e al sentimento di una città. Per poco così è stato. Poi ci si è voluti dimenticare di questa avventura e del teatro dialettale, pur capace di capolavori.
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Faust frammenti (parte I e II) (di Johann Wolfgang Goethe)
La cosa estrema, impossibile. Il più coraggioso tentativo di toccare l'assoluto teatrale, regia e recitazione. Per me i 7.000 versi proposti a un pubblico contemporaneo, con una percentuale di giovani straordinaria, da soli onorano la mia carriera, danno un senso al mio lavoro di più di 50 anni.
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