Luigi Ghirri


La fotografia non è pura duplicazione o un cronometro dell'occhio che ferma il mondo fisico, ma è un linguaggio nel quale la differenza fra riproduzione e interpretazione, per quanto sottile, esiste e dà luogo a un'infinità di mondi immaginari.
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...un groviglio di monumenti, luci, pensieri, oggetti, momenti, analogie formano il nostro paesaggio della mente che andiamo a cercare, anche inconsciamente, tutte le volte che guardiamo fuori da una finestra, nell’aperto del mondo esterno, come fossero i punti di un’immaginaria bussola che indica una direzione possibile.
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...lo sguardo diventa un sentire etico, la modalità possibile per indagare e raccontare luoghi che sembravano avere perso ogni riconoscibilità...
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Cerco un punto di vista sul mondo esterno e una visione su un mondo più nascosto, interiore, di attenzione, di memorie spesso trascurate.
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procedimento non per ricordare l’evento ma per ricordarsi in relazione a un certo evento che non esiste in quanto tale ma esiste in quanto fotografato, dunque fa parte della nostra esperienza che non è mai esperienza reale ma esperienza del possibile.

Photo Luigi Ghirri

Non è necessario essere Calvino per scrivere un diario di viaggio. Il problema arriva quando alla fotografia si chiede qualcosa in più.
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Io invece credevo e credo ancora in una una differente intenzionalità. [...] Consiste nel guardare alla fotografia come a un modo di relazionarsi col mondo, nel quale il segno di chi fa fotografia, quindi la sua storia personale, il suo rapporto con l'esistente, è si molto forte, ma deve orientarsi, attraverso un lavoro sottile, quasi alchemico, all'individuazione di un punto di equilibrio tra la nostra interiorità - il mio interno di fotografo-persona - e cio che sta all'esterno, che vive al di fuori di noi, che continua a esistere senza di noi e continuerà a esistere anche quando avremo finito di fare fotografia.
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L'ho sempre visto, l'immagine fotografica come una strana sintesi tra la staticità della pittura e la velocità, che è qualcosa di interno alla fotografia, al suo processo di costruzione, cosa che l'avvicina al cinema.
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io la fotografia la guardo, la osservo dal punto di vista dell'immagine.

Photo Luigi Ghirri

Credo che cinquecento anni fa una persona normale vedesse nella sua vita forse cinquecento immagini, cioè aveva un rapporto con cinquecento immagini... quelle che vediamo oggi nell'arco di una sola giornata...
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La nostra percezione dell'immagine si è velocizzata attraverso il cinema, la televisione, l'automobile. Noi riusciamo a percepire anche messaggi pubblicitari che vediamo sui cartelli passando a 100 all'ora. E' assolutamente impensabile che un uomo di 200-300 anni fa avesse questa capacità di lettura dell'immagine: il suo rapporto con l'immagine era estremamente più raro e probabilmente molto più approfondito del nostro.


La televisione al 99%, è piena di facce. Quello che abbiamo attorno non viene mai rappresentato.
 Questa negazione dello spazio in cui viviamo credo che sia un dato storicamente molto significativo: all'incapacità di rapportarci con lo spazio, con l'ambiente, corrisponde un'assenza di rappresentazione, e in qualche misura un atteggiamento di incuria nei confronti delle problematiche ambientali, ecologiche.
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