Dario Fo


Sarò un sentimentale, certo ci vuole il pelo sullo stomaco per fare i politici. Bisogna essere grossieri, bisogna andare a piedi giunti. Però attento un po' a fare il prete col prete. Un vecchio proverbio delle mie parti dice: "chi fa il prete col prete diventa monaca, cioè lo prende in quel posto".
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La cultura non si può ottenere se non si conosce la propria storia.
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Il "Mistero Buffo" racconta proprio come il popolo è stato derubato, defraudato da secoli della propria cultura, non solo il padrone se l'è fatta propria e l'ha camuffata e la impone di nuovo scorrettamente al popolo.
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La dimensione delle verità; ce n'è una, quella del padrone che noi cerchiamo di confutare se non altro di dire da dove nasce.



La risata, il divertimento liberatorio sta proprio nello scoprire che il contrario sta in piedi meglio del luogo comune, anzi è più vero o, almeno, più credibile.
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Dato che esistono oratori balbuzienti, umoristi tristi, parrucchieri calvi, potrebbero anche esistere politici onesti.
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La satira è un aspetto libero, assoluto, del teatro. Cioè quando si sente dire, per esempio, "è meglio mettere delle regole, delle forme limitative a certe battute, a certe situazioni", allora mi ricordo una battuta di un grandissimo uomo di teatro il quale diceva: "Prima regola: nella satira non ci sono regole". E questo penso sia fondamentale.
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In tutta la mia vita non ho mai scritto niente per divertire e basta. Ho sempre cercato di mettere dentro i miei testi quella crepa capace di mandare in crisi le certezze, di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un po' le teste. Tutto il resto, la bellezza per la bellezza, non mi interessa.

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