Claudio Amendola



[Su I Cesaroni:] Per me interpretare la parte di Giulio Cesaroni significa giocare in casa. È un personaggio che mi assomiglia parecchio per carattere, ma soprattutto assomiglia a tante persone che ho conosciuto, crescendo anch'io in un quartiere popolare di Roma.
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Da ragazzo cercavo nell'infedeltà la gratificazione.
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I grandi nostri registi di oggi non sono grandi come quelli di ieri, si è riempito il buco in mezzo e il B movie è stato soppiantato dalle B fiction.
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Ricordo una volta, da piccolo, Enrico Berlinguer. Un giornalista gli chiese: "Lei è comunista ma che dice dell'isola di proprietà della sua famiglia?" Berlinguer disse: "Non rispondo a domande cretine".
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Un indigeno si fa il tatuaggio della sua tribù, un romano si fa il Colosseo.



È come Carosello ormai. Si va a letto dopo Vespa.
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Sono cresciuto in una casa piena di libri e di buonissima musica. Abbado e Pollini erano di casa e dopo cena suonavano.
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Paolo Di Canio è il laziale più rosicone della storia.
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[sul paragone tra Giulio Cesaroni e i personaggi drammatici interpretati in precedenza] Sono anche un attore brillante, diciamo pure un comico.
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Tutta la televisione oggi è adulazione.
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