Nato nel 1920 a
Berlino, Helmut Neustadter (questo è il suo cognome originale in
tedesco) ha iniziato la sua carriera fotografica all’età di 16
anni come apprendista nell’atelier della nota fotografa di moda Yva
(Elsa Simon). Come figlio di industriali ebrei è costretto a fuggire
dalle crescenti persecuzioni naziste lasciando la Germania e
tagliando il suo cordone ombelicale con Berlino, che abbandona
partendo in treno dalla stazione di Zoologischer Garten. Si rifugia a
Singapore dove lavora come fotografo per il Straits Times.
All’estero e dopo la guerra Newton (che come tanti ebrei tedeschi costretti all’esilio ha cambiato nel frattempo il cognome traducendolo letteralmente nell’inglese) costruisce la sua lenta ma inarrestabile carriera di fotografo divenendo presto famoso con i suoi ritratti di personalità dello spettacolo e della cultura e ancora di più con i suoi scatti erotici messi in scena in modo teatrale e disinibito, ludico e ironico. Il suo interesse per il corpo femminile non è mosso (solo) da un istinto voyeristico, quanto da un’ossessione professionale in grado di scoprire sempre nuovi risvolti estetici, riflessioni socio-culturali e spunti di una liberazione ed emancipazione sessuale per nulla scontata a quell’epoca. Newton vive nel frattempo tra Montecarlo e Los Angeles, lavora per riviste come Vogue, Marie Claire o Elle e ha mostre personali a New York, Parigi, Londra, Houston e Venezia.
Di tanto in tanto torna anche a Berlino dove ritrae Rainer Werner Fassbinder, Wim Wenders o Hanna Schygulla e dove trova la prima ispirazione per i suoi celebri Big Nudes, ritratti a grandezza naturale di corpulente donne bionde desnude.
Sotto i suoi occhi sono passate le più note attrici e modelle: da Ava Gardner a Charlotte Rampling, da Catherine Deneuve a Romy Schneider, da Raquel Welch a Sigourmey Weaver. Ma anche personaggi politici come Helmut Kohl e Margareth Thatcher. Newton ha sempre cercato di provocare e stupire, di destare scalpore con immagini aggressive, forti e ironiche allo stesso tempo. Qualcuno lo ha accusato di misoginia e spesso si è attirato le critiche del movimento femminista, ma anche nelle foto marcatamente erotiche ha sempre rifiutato la volgarità fine a se stessa e non ha mai mostrato le donne come semplici oggetti di desiderio, ma come donne consapevoli di sé, della propria bellezza e del proprio potere seduttivo.
Helmut Newton muore in un incidente stradale a Los Angeles nel gennaio 2004.
Nel mese di ottobre del 2002 era tornato assieme alla moglie June, in arte Alice Springs, nella sua città natale per donare ai musei berlinesi la sua ricca collezione fotografica e il suo archivio che sarebbero stati integrati in un nuovo museo fotografico. La Fondazione e il museo sono ora stati inaugurati e con essi si è chiuso il cerchio biografico ed emotivo nella vita di uno dei più importanti fotografi del secolo scorso.
All’estero e dopo la guerra Newton (che come tanti ebrei tedeschi costretti all’esilio ha cambiato nel frattempo il cognome traducendolo letteralmente nell’inglese) costruisce la sua lenta ma inarrestabile carriera di fotografo divenendo presto famoso con i suoi ritratti di personalità dello spettacolo e della cultura e ancora di più con i suoi scatti erotici messi in scena in modo teatrale e disinibito, ludico e ironico. Il suo interesse per il corpo femminile non è mosso (solo) da un istinto voyeristico, quanto da un’ossessione professionale in grado di scoprire sempre nuovi risvolti estetici, riflessioni socio-culturali e spunti di una liberazione ed emancipazione sessuale per nulla scontata a quell’epoca. Newton vive nel frattempo tra Montecarlo e Los Angeles, lavora per riviste come Vogue, Marie Claire o Elle e ha mostre personali a New York, Parigi, Londra, Houston e Venezia.
Di tanto in tanto torna anche a Berlino dove ritrae Rainer Werner Fassbinder, Wim Wenders o Hanna Schygulla e dove trova la prima ispirazione per i suoi celebri Big Nudes, ritratti a grandezza naturale di corpulente donne bionde desnude.
Sotto i suoi occhi sono passate le più note attrici e modelle: da Ava Gardner a Charlotte Rampling, da Catherine Deneuve a Romy Schneider, da Raquel Welch a Sigourmey Weaver. Ma anche personaggi politici come Helmut Kohl e Margareth Thatcher. Newton ha sempre cercato di provocare e stupire, di destare scalpore con immagini aggressive, forti e ironiche allo stesso tempo. Qualcuno lo ha accusato di misoginia e spesso si è attirato le critiche del movimento femminista, ma anche nelle foto marcatamente erotiche ha sempre rifiutato la volgarità fine a se stessa e non ha mai mostrato le donne come semplici oggetti di desiderio, ma come donne consapevoli di sé, della propria bellezza e del proprio potere seduttivo.
Helmut Newton muore in un incidente stradale a Los Angeles nel gennaio 2004.
Nel mese di ottobre del 2002 era tornato assieme alla moglie June, in arte Alice Springs, nella sua città natale per donare ai musei berlinesi la sua ricca collezione fotografica e il suo archivio che sarebbero stati integrati in un nuovo museo fotografico. La Fondazione e il museo sono ora stati inaugurati e con essi si è chiuso il cerchio biografico ed emotivo nella vita di uno dei più importanti fotografi del secolo scorso.