Commissario
tecnico della nazionale di calcio Campione del mondo 1982, Enzo
Bearzot nasce a Joanni, Ajello del Friuli (provincia di Udine) il 26
settembre 1927.
Inizia a giocare nella squadra della sua cittadina nel ruolo di difensore mediano. Nel 1946 si trasferisce alla Pro Gorizia, che milita in serie B. Passa poi in serie A nell'Inter. Giocherà nella massima serie anche con il Catania e nel Torino. Bearzot arriverà a giocare un totale di 251 incontri di serie A in quindici anni. All'apice della sua carriera arriva anche a disputare una partita con la maglia nazionale, nel 1955.
Termina la sua carriera di giocatore nel 1964.
Subito dopo inizia un periodo di apprendistato come allenatore; prima segue i portieri del Torino, poi siede sulla panchina al fianco di un nome illustre: Nereo Rocco. E' poi assistente di Giovan Battista Fabbri sempre a Torino, prima di trasferirsi a Prato dove guida la squadra nel campionato di serie C.
Entra a far parte della federazione come allenatore della squadra giovanile under 23 (oggi under 21); non passa molto tempo e Bearzot diviene assistente di Ferruccio Valcareggi, C.T. della nazionale maggiore, che segue ai mondiali 1970 in Messico e 1974 in Germania.
Dopo pochi mesi di distanza dai mondiali tedeschi, Enzo Bearzot viene nominato Commissario Tecnico insieme a Fulvio Bernardini, con il quale condivide la panchina fino al 1977.
Le qualificazioni all'Europeo del 1976 falliscono miseramente.
Il lavoro di Bearzot inizia a mostrare i suoi frutti ai mondiali del 1978: l'Italia termina al quarto posto, mostrando tuttavia - a detta di tutti gli opinionisti - il miglior gioco della manifestazione. I campionati Europei successivi (1980) si svolgono in Italia: la squadra di Bearzot arriva nuovamente quarta.
E' in Spagna, ai mondiali del 1982, che Bearzot sarà autore di un miracolo.
La prima fase del campionato mostra una squadra modesta, dagli altrettanto modesti risultati. Le scelte del CT sembrano piuttosto controverse. La critica da parte dei giornalisti verso la nazionale e il suo allenatore è dura, impietosa e feroce, tanto che porta Bearzot a decidere per il "silenzio stampa", evento assolutamente nuovo allora.
Ma Bearzot, oltre alla alla preparazione tecnica, si dimostra capace di infondere ai suoi ragazzi coraggio, speranza e una forte preparazione morale, basata sulla forza del gruppo.
E' così che l'11 luglio 1982 la squadra azzurra, con il suo allenatore, sale sul tetto del mondo battendo la Germania nella storica finale finita 3-1.
La Gazzetta dello Sport il giorno dopo intitola la copertina con l'eco di quella frase che il radiocronista Nando Martellini la sera prima sembrava non riuscire a terminare: "Campioni del mondo!".
Nello stesso anno a Bearzot viene conferito il prestigioso titolo di Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Dopo la Spagna sono gli Europei del 1984 il nuovo impegno di Bearzot: l'Italia non riesce a qualificarsi. Poi arrivano i mondiali del 1986 in Messico dove l'Italia non brilla (termina agli ottavi contro la Francia). Dopo questa esperienza Bearzot, "il Vecio", come veniva soprannominato, si dimette con queste parole: "Per me allenare l'Italia era una vocazione che, con il passare degli anni, è diventata una professione. I valori del gioco sono cambiati dai miei tempi. A causa dello sviluppo del settore e dell'ingresso sulla scena di grandi sponsor, sembra che il denaro abbia spostato i pali delle porte".
Ad oggi detiene ancora il record di panchine azzurre: 104, davanti alle 95 di Vittorio Pozzo. Dal 1975 al 1986 Bearzot colleziona 51 vittorie, 28 pareggi e 25 sconfitte. Il suo successorè sarà Azeglio Vicini.
Duro, risoluto e schivo, tuttavia incredibilmente umano, Bearzot è sempre stato molto vicino ai suoi giocatori, guardando all'uomo prima che al calciatore. A distanza di molti anni ne sono un esempio le sue parole per Gaetano Scirea, per il quale ha proposto (all'inizio del 2005) che venisse ritirata la sua maglia, come è stato fatto per Gigi Riva al Cagliari.
Notissimo a livello di immagine per la sua inseparabile pipa, il "Vecio" ha sempre saputo tenere unito lo spogliatoio e ha sempre promosso il lato ludico dello sport, senza mai lasciarsi travolgere dall'eccitazione degli eventi o dal valore della posta in palio.
Abbandonate le scene calcistiche, Bearzot torna nel 2002 (all'età di 75 anni, 16 anni dopo il ritiro) raccogliendo il pressante invito ad occuparsi del Settore Tecnico della FIGC. La sua nomina è un tentativo di ridare lustro a un settore che in questo periodo soffre una preoccupante crisi.
Negli ultimi anni Bearzot ha scelto di prendere le distanze da tv, radio e giornali e di non comparire: "Oggi le istituzioni del calcio non contano, tutti urlano in televisione e tutti parlano male di tutti. Mi dà fastidio vedere ex arbitri che criticano gli arbitri e allenatori che criticano i loro colleghi, senza alcun rispetto, dimenticando le responsabilità che uno ha. E allora me ne sto a casa e non rispondo a nessuno".
Cesare Maldini (assistente di Bearzot in azzurro), Dino Zoff, Marco Tardelli e Claudio Gentile sono solo alcuni che nella loro carriera di allenatore hanno sostenuto di essere stati influenzati dalle idee di Enzo Bearzot.
Muore a Milano all'età di 83 anni il giorno 21 dicembre 2010, gravemente malato.
Inizia a giocare nella squadra della sua cittadina nel ruolo di difensore mediano. Nel 1946 si trasferisce alla Pro Gorizia, che milita in serie B. Passa poi in serie A nell'Inter. Giocherà nella massima serie anche con il Catania e nel Torino. Bearzot arriverà a giocare un totale di 251 incontri di serie A in quindici anni. All'apice della sua carriera arriva anche a disputare una partita con la maglia nazionale, nel 1955.
Termina la sua carriera di giocatore nel 1964.
Subito dopo inizia un periodo di apprendistato come allenatore; prima segue i portieri del Torino, poi siede sulla panchina al fianco di un nome illustre: Nereo Rocco. E' poi assistente di Giovan Battista Fabbri sempre a Torino, prima di trasferirsi a Prato dove guida la squadra nel campionato di serie C.
Entra a far parte della federazione come allenatore della squadra giovanile under 23 (oggi under 21); non passa molto tempo e Bearzot diviene assistente di Ferruccio Valcareggi, C.T. della nazionale maggiore, che segue ai mondiali 1970 in Messico e 1974 in Germania.
Dopo pochi mesi di distanza dai mondiali tedeschi, Enzo Bearzot viene nominato Commissario Tecnico insieme a Fulvio Bernardini, con il quale condivide la panchina fino al 1977.
Le qualificazioni all'Europeo del 1976 falliscono miseramente.
Il lavoro di Bearzot inizia a mostrare i suoi frutti ai mondiali del 1978: l'Italia termina al quarto posto, mostrando tuttavia - a detta di tutti gli opinionisti - il miglior gioco della manifestazione. I campionati Europei successivi (1980) si svolgono in Italia: la squadra di Bearzot arriva nuovamente quarta.
E' in Spagna, ai mondiali del 1982, che Bearzot sarà autore di un miracolo.
La prima fase del campionato mostra una squadra modesta, dagli altrettanto modesti risultati. Le scelte del CT sembrano piuttosto controverse. La critica da parte dei giornalisti verso la nazionale e il suo allenatore è dura, impietosa e feroce, tanto che porta Bearzot a decidere per il "silenzio stampa", evento assolutamente nuovo allora.
Ma Bearzot, oltre alla alla preparazione tecnica, si dimostra capace di infondere ai suoi ragazzi coraggio, speranza e una forte preparazione morale, basata sulla forza del gruppo.
E' così che l'11 luglio 1982 la squadra azzurra, con il suo allenatore, sale sul tetto del mondo battendo la Germania nella storica finale finita 3-1.
La Gazzetta dello Sport il giorno dopo intitola la copertina con l'eco di quella frase che il radiocronista Nando Martellini la sera prima sembrava non riuscire a terminare: "Campioni del mondo!".
Nello stesso anno a Bearzot viene conferito il prestigioso titolo di Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Dopo la Spagna sono gli Europei del 1984 il nuovo impegno di Bearzot: l'Italia non riesce a qualificarsi. Poi arrivano i mondiali del 1986 in Messico dove l'Italia non brilla (termina agli ottavi contro la Francia). Dopo questa esperienza Bearzot, "il Vecio", come veniva soprannominato, si dimette con queste parole: "Per me allenare l'Italia era una vocazione che, con il passare degli anni, è diventata una professione. I valori del gioco sono cambiati dai miei tempi. A causa dello sviluppo del settore e dell'ingresso sulla scena di grandi sponsor, sembra che il denaro abbia spostato i pali delle porte".
Ad oggi detiene ancora il record di panchine azzurre: 104, davanti alle 95 di Vittorio Pozzo. Dal 1975 al 1986 Bearzot colleziona 51 vittorie, 28 pareggi e 25 sconfitte. Il suo successorè sarà Azeglio Vicini.
Duro, risoluto e schivo, tuttavia incredibilmente umano, Bearzot è sempre stato molto vicino ai suoi giocatori, guardando all'uomo prima che al calciatore. A distanza di molti anni ne sono un esempio le sue parole per Gaetano Scirea, per il quale ha proposto (all'inizio del 2005) che venisse ritirata la sua maglia, come è stato fatto per Gigi Riva al Cagliari.
Notissimo a livello di immagine per la sua inseparabile pipa, il "Vecio" ha sempre saputo tenere unito lo spogliatoio e ha sempre promosso il lato ludico dello sport, senza mai lasciarsi travolgere dall'eccitazione degli eventi o dal valore della posta in palio.
Abbandonate le scene calcistiche, Bearzot torna nel 2002 (all'età di 75 anni, 16 anni dopo il ritiro) raccogliendo il pressante invito ad occuparsi del Settore Tecnico della FIGC. La sua nomina è un tentativo di ridare lustro a un settore che in questo periodo soffre una preoccupante crisi.
Negli ultimi anni Bearzot ha scelto di prendere le distanze da tv, radio e giornali e di non comparire: "Oggi le istituzioni del calcio non contano, tutti urlano in televisione e tutti parlano male di tutti. Mi dà fastidio vedere ex arbitri che criticano gli arbitri e allenatori che criticano i loro colleghi, senza alcun rispetto, dimenticando le responsabilità che uno ha. E allora me ne sto a casa e non rispondo a nessuno".
Cesare Maldini (assistente di Bearzot in azzurro), Dino Zoff, Marco Tardelli e Claudio Gentile sono solo alcuni che nella loro carriera di allenatore hanno sostenuto di essere stati influenzati dalle idee di Enzo Bearzot.
Muore a Milano all'età di 83 anni il giorno 21 dicembre 2010, gravemente malato.